
DAL LIBRO APPENA PUBBLICATO “VERITÀ E MENZOGNE: UNA CRITICA PROFETICA DEL PENSIERO MODERNO. Edizioni Mimep”
UN PEZZO DEL SESTO CAPITOLO:
“IL TEISMO DEGLI ATEI”
L’esigenza filosofica di un nuovo Dio non è in fondo che una forma di ateismo. Vi sono due maniere di essere atei: l’una consiste nel dire: «Dio non esiste»; l’altra nel dire: «Abbiamo bisogno di una nuova idea di Dio e questo Dio è lo Spazio-Tempo, ovvero la tendenza ideale nelle cose». Rispetto a questo secondo tipo di ateismo, confesso di non essere mai riuscito a comprendere come certe menti possano ammettere che l’universo è Dio e tuttavia negare che un uomo, ovvero Cristo, possa essere Dio. Un’altra cosa ugualmente difficile da comprendere è come certi umanisti possano dire che Dio è la società dei milioni di milioni di persone oggi viventi e tuttavia negare che in Dio possano esistere tre persone, vale a dire la Trinità.
La negazione di Dio non è una dottrina: è soltanto un grido di collera. Se l’ateismo significa negare che l’universo esiga una causa al suo esistere, qualunque essa sia, è pur vero che ci sono pochissimi atei, se pure ne esiste qualcuno. Uno dei più famosi atei dei tempi moderni, Félix Le Dantec, dice che «molti si autodefiniscono atei, senza sapere ciò che significhi». Alcuni si dicono atei mentre il loro ateismo non significa la negazione di una causa, ma solo l’ignoranza di essa. In altri l’ateismo s’identifica nella legge dell’universo, come se potesse esistere una legge, senza il legislatore. Alcuni affermano che l’universo si è fatto da sé, è causa di se stesso… tale posizione è ragionevolmente insostenibile, perché se l’universo fu la causa di se stesso, avrebbe dovuto preesistere a se stesso per potersi creare, il che è una stupidaggine. Si può quindi a ragione parlare del teismo degli atei, perché la negazione stessa di Dio afferma in qualche modo la Sua esistenza.
Supponete che io mi dedichi a diffondere in tutto il paese degli opuscoli coi quali intendo combattere la credenza nelle fate, negli spettri, nei folletti e nelle mucche che saltano sulla luna, supponete che io scriva dei libri contro i centauri e contro i fantasmi che svolazzano come bolle di sapone, supponete che mi serva della radio per mettere in guardia il pubblico contro l’Omino del Sonno, che sparge la sabbia negli occhi dei bambini ancora svegli alle nove di sera. Quale sarebbe la reazione del gran pubblico? Probabilmente mi metterebbero sotto chiave come un pazzo disturbatore della quiete pubblica e non a torto, perché avrei provato, al di là di ogni dubbio, di essere uscito di senno: non è forse la pazzia la credenza nelle creature nate dalla fantasia? Ora supponete che Dio, come affermano gli atei, non sia più reale dei centauri e delle fate, supponete che Dio appartenga allo stesso mondo strano e irreale delle fantasie intorno ai fantasmi. Ora, mi domando, come avviene che la società mi tratterebbe da pazzo se mi dedicassi, anima e corpo, alla lotta contro le mucche che saltano sulla luna, e tuttavia non ritiene pazzo l’ateo, per la ragione che egli conduce una campagna per provare che Dio appartiene alla stessa categoria di immaginazioni e fantasie?
La ragione è ovvia. L’ateo non è pazzo, quello contro cui io lotterei sarebbe il frutto della mia fantasia, ma ciò contro cui lotta l’ateo è una realtà, una cosa altrettanto reale come il colpo di una spada o un abbraccio. L’uomo è pazzo se crede che un’immagine della fantasia sia reale, ma l’ateo non lotta contro un’immagine che considera reale, bensì contro una realtà che egli reputa irreale. In altre parole, ciò che salva l’ateo dall’essere accusato di pazzia è il fatto che egli combatte la Realtà per la quale tutte le altre cose sono reali. Il comandante Foch non era pazzo quando a Reims giudicò che le uniformi grigie erano quelle del nemico, è la concretezza del nemico a rendere giustificato e solido l’attacco ed è l’obiettività del nemico dell’ateismo a salvare gli atei dalla pazzia, sebbene non li possa salvare dalla tristezza. Ecco perché si può parlare del teismo degli atei. Certe cose sono tanto fondamentali che negarne l’esistenza significa affermarle. Se io, per esempio, nego la mia esistenza, non faccio che dimostrarla, perché prima di negarla ho bisogno di esistere. La negazione implica un’affermazione ed in via ancor più generale, la negazione del Principio di ogni esistenza implica l’esistenza di quel Principio. Se non esistessero vini, né liquori, non ci sarebbe il Proibizionismo. Il fatto stesso che esiste una coalizione contro i saloon, implica il fallimento della legge sulle bevande alcoliche e l’esistenza dei saloon, o almeno dei bar clandestini. Se non ci fossero sigarette, non ci sarebbe mai stata alcuna legge contro le sigarette, e se non ci fosse Dio, come potrebbe esistere l’ateismo? Non implica forse l’ateismo l’abolizione di una Cosa reale? (…)
L’identico processo ragionativo, che rende altre cose intelligibili, è quello che rende intelligibile Dio, fonte dei valori e delle realtà permanenti. Le grandi menti d’oggi rivolgono i telescopi su Marte e distinguono i tracciati, che potrebbero essere canali. Ragionano quindi così: su Marte vi sono dei canali, ma solo un essere intelligente può costruire un canale, perciò Marte dev’essere abitato da qualcuno. Ora, io vi giuro che non riesco a comprendere perché sia logico dedurre, dalla vista di un canale, l’esistenza di un costruttore di canali e non debba essere logico dedurre, dalla vista dell’universo, l’esistenza di un Costruttore dell’universo stesso. Vi sono altri individui che rivoltano le sabbie roventi del deserto egiziano, scoprono poche tombe e qualche rovina, e da tali misere testimonianze ricostruiscono la natura di una lontanissima civiltà. Se ciò è logico – e lo è infatti – perché le stesse persone non dovrebbero dedurre qualcosa della Giustizia, della Bontà e della Bellezza di Dio dalle vestigia delle cose che si scoprono nell’universo? E inoltre, se vi sono nel mondo delle menti che credono che l’universo sia guidato per uno scopo, perché non dovrebbero ammettere l’esistenza di Dio, se non può esservi uno scopo senza una mente, ed una mente senza una Persona?
No! Non può esistere un universo senza Dio, perché esso non potrebbe sopportare il dolore di non conoscere il suo Autore e la sua Causa; né può esistere un’umanità senza Dio, perché non potrebbe sopportare il fardello del proprio cuore. Ecco perché gli atei mi fanno sempre una grande pena: non possono mai dire addio (Dio sia con te) agli amici.
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L’ha ripubblicato su Per la maggior gloria di Dio.
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