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LA MAGGIOR PARTE DEGLI UOMINI VUOLE UN AMORE E UN MATRIMONIO IMMATURO E ADOLESCENZIALE: “Se l’amore è l’emozione, quando questa svanisce anche l’amore sembra svanito”

Anche nel più nobile degli amori umani arriva un momento in cui si è “fatta l’abitudine” a quel che c’è di meglio (i gioiellieri non si commuovono più alla vista delle pietre preziose). E ciò rivela la necessità costitutiva che sempre, nella vita, deve esserci un mistero poiché, quando questo svanisce, la vita diventa banale. Forse potrebbe essere proprio questa la ragione della popolarità di cui oggi godono i libri gialli, ossia il fatto che essi andrebbero a colmare il vuoto creato dall’aver smarrito i misteri della fede. L’interesse violento suscitato dai racconti di misteriosi omicidi indica che la gente si appassiona di più al modo in cui una persona è stata ammazzata piuttosto che al destino eterno della persona ammazzata.

Quando nella vita non rimane nulla di arcano e di non rivelato viene meno la gioia di vivere. Il gusto dell’esistenza proviene in parte dal fatto che c’è ancora una porta che non è stata aperta, un velo che non è stato ancora sollevato, una nota che non è stata ancora suonata. Nessuno che stia vicino a un pozzo conosce la sete, ciò significa che proviamo ben poco desiderio di ciò che già possediamo, né c’è speranza di conseguire quel che già è nostro. Così avviene che il matrimonio spesso segni la fine del romanzo, come se fosse terminata la caccia e la selvaggina già riposta nel carniere. Quando una persona è da noi considerata come se ci spettasse di diritto, allora sfuma tutta quella sensibilità e quella delicatezza di affetto che è condizione essenziale dell’amicizia e della gioia. Il che è particolarmente vero in certe unioni coniugali dove domina il possesso senza il desiderio, una cattura senza l’emozione della caccia. Diversamente, il modo cristiano di preservare il mistero, e con esso l’attrazione, sta nel dischiudersi dell’amore nella generazione dei figli, mistero di vita e di amore, che è quel che intendiamo dicendo che esso diventa trino. (…)

Tutta la vita moderna è orientata verso il concetto che la forza maschile e la bellezza femminile siano e debbano essere un possesso permanente. Tutto il meccanismo dell’odierna pubblicità è rivolto verso questa menzogna. Si dice all’uomo che seguendo certe diete speciali migliorerà di dieci colpi il suo handicap al gioco del golf, che inghiottendo alcune pillole non avrà più, al posto della testa, la solita palla da biliardo. Quanto alla donna, le si promette che la sua bellezza può durare eternamente, che le sue mani screpolate dal bucato e il suo sorriso scarsamente attraente possono rimediarsi con un tubetto di questo o di quello, oppure le si fa credere che con una breve dieta lei non sarà più vittima di una circonferenza esagerata, che non mostrerà più di aver passato i quaranta ma sarà come se fosse tornata ventenne. Ma nonostante questa propaganda martellante circa l’eternità della bellezza e della forza, spesso avviene che un anno o due dopo il matrimonio il marito cessi di apparire quell’indomito e coraggioso Apollo che nei pomeriggi festivi faceva meraviglie nelle squadre di calcio, o che era tornato dalla guerra con tre decorazioni sul petto.

A un certo punto tutto sembra cambiare, e il giorno in cui la moglie lo pregherà di aiutarla a lavare i piatti lui le risponderà: “Questi sono lavori da donna, non mi riguardano”. Per quanto riguarda la donna, invece, lei non sembra più così bella come nei primi giorni della luna di miele. I suoi discorsi infantili che un tempo gli parevano così aggraziati e pieni di estatica tenerezza, ora cominciano a dargli seriamente sui nervi. È a questo punto che molte coppie sentono che l’amore se n’è andato, poiché, se l’amore è l’emozione, quando questa svanisce anche l’amore sembra svanito. Ma Dio non aveva mai inteso che la forza nell’uomo e la bellezza nella donna dovessero durare per sempre, bensì che dovessero riapparire nei loro figli: in questo si rivela la provvidenza divina. Proprio quando sembra che la bellezza dell’una e il vigore dell’altro si attenuino, Dio manda i figli per la protezione e la rifioritura di entrambi. Quando infatti il primo maschietto viene alla luce, sembra quasi che il padre torni a manifestarsi in tutta la sua forza e, per dirla con Virgilio, che “dal sommo cielo discenda una superiore stirpe umana”. Quando invece nasce la prima bambina, è la madre quella che rivive in tutta la sua bellezza e la sua grazia, e pare che anche il suo linguaggio puerile ritorni aggraziato. Inoltre, al marito piace perfino pensare che la madre sia l’unica origine dell’avvenenza della bimba. Così ogni bambino che nasce diventa uno di quei grani del rosario dell’amore che lega insieme i genitori nella catena di una dolce schiavitù d’amore. (…)

Bisogna mettersi in testa una verità inconfutabile e ineludibile: dove c’è dualismo c’è deficienza, dove c’è Trinità c’è pietà. La deficienza è avida di colmarsi a spese del prossimo, mentre la pietà nasce da una ricchezza che è impaziente di riversarsi sugli altri. Togliete all’amore il suo carattere “trinitario” e tutte le relazioni interiori si dissolveranno lasciando sussistere soltanto una mera esteriorità vuota, si tratti del contatto fisico dell’uomo con la donna, o del conflitto tra capitale e lavoro, oppure della guerra, fredda o calda, tra il mondo occidentale e il mondo orientale. Una società in cui il legame unificatore è stato abbandonato diviene progressivamente un agglomerato di atomi, fino a che alla fine gli uomini invocheranno una forza totalitaria che “organizzi” il caos: è così che nasce il socialismo ateo. Come la cultura, quando smarrisce una sua filosofia della vita, si frammenta in tanti reparti senza coesione né unità fuorché quella accidentale di vicinanza e di tempo. E come un corpo quando perde la sua anima si riduce ai suoi componenti chimici tranquillamente scindibili e scomponibili, così anche la famiglia quando perde il legame unificatore dell’amore si riduce alle aule dove si pronunciano i divorzi.

Senza un terzo elemento vivificante che sia esterno ai due coniugi, l’uomo è dapprima compresso e poi soppresso da forze ostili, fino a trovarsi rinchiuso entro i limiti dell’intelletto, solo, isolato, spaurito e prigioniero di se stesso. Che cosa può soddisfarlo se non ha rapporti con nulla? Rigettando l’amore fuori dal proprio ego l’uomo non può comprendere il sacrificio se non come un’amputazione e un’autodistruzione. Come può un essere che si rende coscientemente e volontariamente difettoso e impotente dare qualsiasi cosa se in lui regna il vuoto? Costui è pronto forse all’immolazione di sé sotto forma di suicidio ma non come sacrificio di sé per il bene degli altri. Nulla esiste in lui all’infuori del suo ego, per questo gli altri limitano la sua personalità e ostacolano i suoi desideri, apparendogli quindi detestabili. Finché non emerge quel più profondo amore che è il perfetto compimento della personalità, l’ego non cesserà mai di ribellarsi contro il sacrificio, sia che si tratti, per amore della pace o dell’amicizia, di compiacere il compagno, sia che si tratti di fondare una famiglia per vedere forza e bellezza prolungarsi fino alla “terza o quarta generazione”.

La sola cosa realmente progressiva in tutto l’universo è l’amore. Eppure, questa dimensione dell’essere che Dio ha fatto schiudere, sbocciare, e fiorire nel cuore dell’uomo perché sfidasse il tempo e l’eternità è quella che più spesso viene strappata quando è ancora in germoglio. Questa è forse la ragione per cui gli artisti rappresentano sempre l’amore come un piccolo Cupido che non diventa mai adulto. Armato di un semplice arco e di una freccia in un universo atomico, il povero angioletto ha ben poche possibilità di sopravvivenza. San Paolo ci dice che mentre la fede e la speranza in paradiso non avranno più ragion d’essere, l’amore, invece, rimarrà in eterno. Ma ciò che i mortali vorrebbero fosse eterno è proprio ciò che essi strozzano ancor prima che cominci a camminare.

Se un uomo proveniente dal pianeta Marte non avesse mai saputo del massimo evento della storia, ossia della nascita del divino amore nella persona di Cristo; probabilmente lui potrebbe, tuttavia, indovinare il resto di quella storia e predire la crocifissione. Gli basterebbe aver osservato come anche i più sublimi tra gli amori umani vengano disgiunti, rinnegati, mutilati, barattati e soffocati. Ma se l’amore è ciò che il cuore umano brama al di sopra di ogni altra cosa, perché non si sviluppa come amore? Questo dipende dal fatto che la maggior parte degli uomini vuole l’amore in forma di serpente e non di uccello: molte persone preferiscono l’amore che si trova sullo stesso piano della carne e non quello che con le proprie ali si innalza dalla polvere del suolo ai picchi montani per poi perdersi nel cielo. Vogliono cioè un amore che, come Cupido, non cresca mai, un amore immaturo e adolescenziale.

(Fulton Sheen, da “Tre per sposarsi” edizioni Fede e Cultura)

Autore: Amici di Fulton Sheen

amicidifultonsheen@gmail.com

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