

L’unità non deve quindi significare assorbimento, o annichilimento, o distruzione, ma il compimento dell’uno nell’altro. Formare una cosa sola senza cessare di essere due persone distinte, ecco il paradosso dell’amore! Tale ideale non ci è dato di attuarlo nella vita perché siamo dotati di corpi come siamo dotati di anima. La materia non può interpenetrarsi! Dopo l’unione della carne ciascuno dei due è ricacciato dentro la propria personalità individuale. È soltanto nel sacramento della Comunione che ci viene offerta, sulla terra, la più vicina approssimazione a un tale congiungimento, ma anche quest’approssimazione è il riflesso di un amore soprannaturale.
Noi non potremo mai darci ad altri in modo completo, né gli altri possono darsi completamente a noi. Ogni amore terreno patisce di questa incapacità dei due amanti a formare un essere solo, eppure distinto. La più grande sofferenza di chi ama proviene da questa esteriorità, da questo stato di separazione dell’amato! Ma in Dio, l’Amore che congiunge il Padre e il Figlio è una fiamma vivente, è il bacio perenne del Padre e del Figlio. Nell’amore umano non c’è nulla di abbastanza profondo per rendere personale l’amore scambievole, ma in Dio lo spirito d’amore che unisce il Padre e il Figlio è così personale che è chiamato Spirito Santo.
Lo Spirito Santo è lo spirito del Padre, com’è lo spirito del Figlio, ma più di questo lo Spirito Santo personifica ciò che il Padre e il Figlio hanno in comune. In Dio l’amore non è una qualità come avviene per noi, poiché ci sono momenti nei quali non amiamo! Ma se lo Spirito Santo è il vincolo di amore tra il Padre e il Figlio, ne consegue che sarà necessariamente anche il vincolo di amore tra gli uomini! Ecco perché nostro Signore, la notte dell’ultima cena, disse che come Lui e il Padre erano uno nello Spirito Santo, così gli uomini sarebbero stati una cosa sola nel Suo Corpo Mistico, e per realizzare questa unione mistica Lui stesso avrebbe mandato il suo Spirito. Lo Spirito Santo è necessario alla natura di Dio perché mediante il vincolo dell’amore sussiste l’eterna armonia fra le persone divine!
Con una debole riflessione gli uomini hanno sempre riconosciuto nell’amore la forza unificante e coagulante della società umana, in quanto vedevano nell’odio la causa della sua disgregazione e del caos. Difatti, come Dio nel creare il mondo volle immettervi la forza di gravità di modo che influisse su tutta la materia, allo stesso modo fissò nel cuore dell’uomo un’altra legge di gravità, che è la legge dell’amore mediante la quale tutti i cuori sono attratti nuovamente al centro e alla fonte dell’Amore: Dio.
Sant’Agostino disse: “l’amore è la mia legge di gravità” per indicare che ogni anima ha un appassionato desiderio di tornare alla sua fonte originale, al suo divino cuore, al suo “centro di gravità” vitale. Nella natura umana il desiderio è tutto e, non senza ragione, il paradiso è stato definito una “natura piena di vita divina attratta dal desiderio”. Da ciò si comprende che il paradiso consiste propriamente nell’amore e che esso è il definitivo approdo dell’anima. (…)
Se Dio non avesse un Figlio non sarebbe Padre, e se fosse un’individualità unitaria non potrebbe amare a meno di creare qualcosa d’inferiore a se stesso, nel qual caso avrebbe avuto “bisogno” delle creature, il che è assurdo. Ma nessuno a questo mondo è buono se non dona qualcosa, e se non fosse stato Dio a donare per primo nel modo più sublime, ossia mediante la generazione, non potrebbe dirsi “buono”, ma se non fosse buono sarebbe, poveri noi, il principio del terrore. Ma anche prima che il mondo esistesse, Dio era buono per propria natura, avendo “ab aeterno” generato il Figlio Unigenito. In Dio, infatti, non c’è, né potrebbe esserci, alcun atto che non sia Dio stesso. Stando così le cose, si può dire che Dio è l’eterno impeto di amore che è in perenne e gioiosa operosità, in quanto Lui è al contempo uno e trino perché procede da quell’unica natura divina.
Ecco la candida sorgente di ogni amore, da cui i raggi sparsi si spandono fino a noi. Qui soltanto risiede la fonte, la corrente e l’oceano di ogni forma di amore, perciò ogni paternità, maternità, figliolanza, amicizia, affetto tra fidanzati o amore coniugale non sono che, in misura parziale e ridotta, un’immagine riflessa di quell’unico amore che è Dio. Padre e madre nella loro unità costituiscono un principio generatore completo e perfetto nel suo ordine, e il bimbo nato da questo principio è legato ai genitori da uno spirito, lo spirito della famiglia! Tale spirito non procede soltanto dall’amore dei genitori verso i figli, ma anche e primariamente dal mutuo affetto dei genitori fra di loro. Lo spirito d’amore dei genitori è al tempo stesso desiderio, pietà, tenerezza, sopportazione e sofferenza di qualsiasi cosa per amore dei figli. Nei figli questo spirito d’amore diviene un’offerta simile a quella che in primavera gli uccelli fanno con il loro canto ai rami dell’albero dove costruirono il nido.
Lo spirito della famiglia è altrettanto necessario nella famiglia ai fini della generazione, quanto lo Spirito Santo è necessario all’amore del Padre e del Figlio. Tre in Uno: Padre, Figlio e Spirito Santo. Tre persone in un unico Dio, uno nell’essenza ma sussistente in tre persone uguali e distinte. Tanto grande e ineffabile è il mistero della Trinità, tanto intima è la vita di Dio e in Dio!
Come le tre persone divine non perdono la loro personalità nell’unità della loro essenza, ma rimangono distinte, così l’amore del marito e della moglie lascia distinte le loro anime. E come dall’amore del Padre e del Figlio procede una terza persona distinta, lo Spirito Santo, così, in modo imperfettamente riflesso, dall’amore dei coniugi procedono i figli che sono il vero vincolo di unione del loro amore. Ritornando sui genitori come un “effetto boomerang”, il bene dei figli, che la teologia chiama “bonum prolis” ponendolo al primo posto tra i beni del matrimonio, conferisce a entrambi l’amore nello spirito della famiglia. Ma non si dovrebbe furbamente, o stoltamente, pensare che il numero dei figli alteri minimamente la struttura trinitaria basilare della famiglia, poiché per quanto numerosi siano i figli che l’Altissimo mediante l’amore degli sposi farà germogliare fra di loro, Egli rimane sempre uno.
Il sacramento del matrimonio, che è amore donatore di vita e vita donatrice di amore, è l’immagine terrestre della Trinità. Come le ricchezze dello Spirito Santo d’amore sono a disposizione di coloro che vivono nel suo afflato, così il matrimonio, vissuto nel modo voluto da Dio, associa i congiunti alla gioia creatrice del Padre, all’amore sacrificantesi del Figlio, e all’amore unificante dello Spirito Santo. Anche se, senza colpa dei coniugi, non nasca nessun figlio dal matrimonio, questo non perde la sua impronta trinitaria, ma se arrivano i figli allora l’amore, fino a quel momento solo spirituale, assume la condizione di uomo, incarnandosi.
In definitiva, l’amore si manifesta prima come duplice, e poi come trino. L’essere in due, e in due che si amano, è il conforto che Dio ha voluto elargire alla nostra indigenza: “Non è bene che l’uomo sia solo” (Gn 2,18). Ma l’amore perfetto è trino, sia che con il termine trino si intenda “il nostro amore”, cioè quel qualcosa di estraneo a entrambi che viene da Dio, sia che si intenda il “frutto del nostro amore”, ossia il figlio, la cui anima, o spirito immortale, proviene direttamente da Dio.
Come abbiamo visto, un amore che sia soltanto dono finisce inevitabilmente per esaurirsi, e un amore che sia soltanto ricerca muore nel proprio egoismo. Ma un amore che sia perenne volontà di dare e che sempre sia sopraffatto dal ricevere, è il riflesso della Trinità sulla terra e, pertanto, un’anticipazione del paradiso. Padre, madre, e figli, tre entità nell’unità della natura umana: tale è la legge trina dell’amore, in terra come in Cielo. “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio” (1Gv 4,7). L’amore è dono eterno di sé e contemporaneamente comporta il recupero nella carne, o nell’anima, o in Cielo, di tutto ciò che fu donato e sacrificato. Questa è la garanzia dell’amore: tutto verrà raccolto di quanto si è dato e nessun frammento andrà perduto.
(Fulton J. Sheen, da “Tre per sposarsi”)
L’ha ripubblicato su Per la maggior gloria di Dio.
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