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GIUDA E PIETRO DAVANTI A CRISTO: TRADIMENTO, DISPERAZIONE, PERDONO E CONVERSIONE: “Non appena abbiamo coscienza di essere peccatori, Egli si volge a guardarci: Dio non rinuncia mai a noi”

“Ti saluto Maestro e lo baciò”

Non appena commesso il crimine, il disgusto s’impadronì di Giuda. Le acque profonde del rimorso cominciarono ad agitarsi nella sua anima, ma, al pari di molte anime dei nostri giorni, egli fraintese il senso del rimorso, e ritornò da quelli con cui aveva negoziato e ai quali aveva venduto Nostro Signore per trenta denari d’argento, qualcosa come diciassette dollari d’oggi.

La Divinità è sempre tradita in misura ultra-sproporzionata rispetto al suo valore effettivo. Ogni qualvolta noi vendiamo Cristo, sia al fine di progredire in una qualsiasi carriera terrena – come coloro che abbandonano la Fede perché con una croce sulle spalle non possono conseguire alcun successo politico – sia per denaro, ci par sempre, in ultima analisi, d’essere stati truffati.

Non c’è quindi da stupirsi che Giuda riportasse i trenta denari a coloro che glieli avevano dati. Non bramava più ciò che prima aveva tanto desiderato: l’incantesimo era scomparso. (…)

Noi che conosciamo Cristo, noi che ne possediamo la Verità e la Vita, noi possiamo offenderLo e tradirLo più di quelli che non Lo conoscono.

Potremo non agir mai da traditori in modo evidente e grossolano, bensì attraverso gesti “insignificanti” come il bacio di Giuda: attraverso il silenzio quando dovremmo fare da difensori, attraverso la paura del ridicolo quando dovremmo proclamare la nostra opinione, attraverso la critica quando dovremmo testimoniare, oppure nascondendoci quando dovremmo congiungere le mani nella preghiera.

E allora, avrà ben ragione Nostro Signore nel domandarci: “Amico! Con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?” (…)

Giuda restituì i trenta denari, ma perché le anime conseguano la salvezza non basta che rinuncino a ciò che hanno: devono anche donare ciò che esse sono. Né basta aver disgusto del peccato: dobbiamo anche provarne rimorso. Giuda non provò rimorso nel vero senso della parola: in lui si era solo compiuta una trasformazione di sentimento. Il rimorso di Giuda non riguardava Nostro Signore. Il che significa soltanto che ebbe odio di sé, e chi ha odio di sé è potenzialmente un suicida. L’odio di sé è il principio del suicidio ed è salutare solo se associato con l’Amore di Dio. (…)

Nel momento stesso in cui Pietro imprecava e giurava di non conoscere Cristo, si udì, attraverso i vestiboli esterni della casa di Caifa, il canto chiaro e inequivocabile, di un gallo. Perfino la natura è dalla parte di Dio.

Il canto del gallo fu in un certo modo “infantile” ma Dio può ben adoperare cose quanto mai “insignificanti” per donarci la Sua Grazia: il volto di un bambino, una parola attraverso la radio, il canto di un passero. Come mezzo di conversione, userà perfino il canto di un gallo all’alba. Un’anima può arrivare a Dio attraverso una serie di delusioni.

PER LA CONVERSIONE DOBBIAMO ABBANDONARE TUTTO CIÒ CHE CI INVITA AL PECCATO!

“E, uscito fuori, pianse amaramente” (Luca 22; 62)

Come il peccato inizia con l’abbandono della mortificazione, così la conversione implica il ritorno alla mortificazione stessa. Chiede il Re nell’Amleto: “Ove si sia perdonati, si può mai insistere nella colpa?”. Ci sono alcune cose che danno inizio al peccato: quelle persone, quei luoghi, e quelle circostanze che inaridiscono l’anima.

La conversione di Pietro non fu completa finché egli non lasciò il luogo in cui alcuni servi e la preoccupazione della propria persona congiuravano affinché egli rinnegasse il Maestro. Egli non rimarrà passivamente seduto mentre il Giudice Divino viene giudicato. La Scrittura registra l’emendamento, ossia la purificazione di Pietro con queste semplici parole: “E USCITO FUORI”.

Tutti i gioielli di cui si adorna il peccato: la preoccupazione della propria persona, i luoghi, le persone e le circostanze…Pietro ora li calpesta, perché “esce fuori” e piange amaramente .

DIO NON RINUNCIA MAI A NOI MISERI PECCATORI

La seconda fase del processo del ritorno a Dio di un’anima, dopo il risveglio della coscienza a seguito della delusione del peccato, procede direttamente da Dio stesso. Non appena ci sentiamo vuoti, o delusi, ecco il Signore affrettarsi a colmare il nostro vuoto: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me” (Giov. 14-6). E ci dice San Luca: “Il Signore allora Si volse a guardare Pietro” (Luca 22-61).

Come il peccato significa un’avversione a Dio, così la Grazia significa una conversione a Dio. Lui non ci abbandona, anche se noi Lo abbandoniamo. Non appena abbiamo coscienza di essere peccatori, Egli si volge a guardarci: Dio non rinuncia mai a noi.

Pietro ricevette uno sguardo da occhi che ci vedono non già come ci vede il nostro prossimo, e neppure come noi stessi ci vediamo, ma come effettivamente siamo: erano gli occhi di un Amico ferito, di un Cristo ferito. Il linguaggio di quegli occhi non lo capiremo mai.

“E uscito fuori, Pietro pianse amaramente” (Luca 22-62).

Adesso Pietro aveva il cuore a pezzi, e i suoi occhi, quegli occhi che avevano fissato gli occhi di Cristo, si erano mutati in fontane. Mosè percosse una roccia, e ne scaturì l’acqua; Cristo guardò una roccia (Pietro), e ne scaturirono lacrime.

Vuole la tradizione che Pietro piangesse tanto per i peccati che aveva commesso che le sue guance fossero attraversate da torrenti di pentimento.

Sopra quelle lacrime si erge il Volto della Luce del Mondo, e attraverso di esse spunta l’arcobaleno della speranza, ad assicurare tutte le anime che nessun cuore sarà mai distrutto dalla marea del peccato a condizione che si volga a guardare Cristo, Colui che è l’Arca della Salvezza, l’Amore dell’Universo.

(Fulton J. Sheen, da “Personaggi della Passione”)

Autore: Amici di Fulton Sheen

amicidifultonsheen@gmail.com

1 commento su “GIUDA E PIETRO DAVANTI A CRISTO: TRADIMENTO, DISPERAZIONE, PERDONO E CONVERSIONE: “Non appena abbiamo coscienza di essere peccatori, Egli si volge a guardarci: Dio non rinuncia mai a noi””

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