
In riparazione dell’orgoglio degli uomini nostro Signore si umiliò obbedendo ai suoi genitori: “Stava loro sottomesso”. Era Dio che si assoggettava a un uomo. Dio, al quale obbediscono i principati e le potestà, obbediva non solo a Maria, ma anche a Giuseppe per amor di Maria. Fu il nostro Signore che disse di esser venuto “non per essere servito, ma per servire”. (…)
E, di più, che cosa fece questo carpentiere durante quei trent’anni della sua oscurità? Fece una bara per il mondo pagano; fabbricò un giogo per il mondo moderno, e una croce sulla quale sarebbe stato adorato. Diede la suprema lezione di quella virtù che è la base di tutto il cristianesimo: l’umiltà, la sottomissione, e una vita nascosta in preparazione all’esplicazione del suo dovere. Nostro Signore impiegò tre ore per redimerci, tre anni per insegnare e trent’anni per obbedire, perché un mondo ribelle, orgoglioso e diabolicamente indipendente potesse imparare il valore dell’obbedienza.
La vita familiare è la palestra voluta da Dio per il carattere umano, perché da essa scaturisce per il bambino la maturità dell’uomo, sia nel bene che nel male. Gli unici atti che si ricordino dell’infanzia del nostro Signore sono atti di obbedienza verso Dio, suo padre celeste, e anche verso Maria e Giuseppe. Gesù ci mostra così quale sia lo specifico dovere dei ragazzi e dei giovani: obbedire ai genitori in quanto questi fanno le veci di Dio. Gesù, il Dio immenso che i cieli e la terra non potrebbero contenere, si è sottomesso ai suoi genitori.
Quando Gesù veniva mandato da un vicino per una commissione, era il grande mandante degli apostoli a sbrigare la commissione. Se Giuseppe gli ordinò qualche volta di cercare un arnese da lavoro che non si trovava più era la sapienza di Dio, era il pastore venuto alla ricerca delle pecorelle smarrite che compiva quell’atto. Se Giuseppe gli insegnò l’arte del falegname, la insegnò a colui che aveva costruito l’universo, e che un giorno sarebbe stato messo a morte dai suoi compagni di lavoro. Se fabbricava un giogo per i buoi del vicino, chi lo faceva era colui che avrebbe chiamato se stesso un giogo per gli uomini e nello stesso tempo un peso leggero a portarsi. Se gli dicevano di lavorare in un pezzettino di giardino, per sistemare dei rampicanti o innaffiare i fiori era lui, il grande coltivatore della vigna della sua Chiesa, a maneggiare l’annaffiatoio o gli altri attrezzi da giardino.
Tutti gli uomini possono ben valutare l’insegnamento di un ragazzo che si sottomette ai suoi genitori: non si deve mai credere a una ispirazione celeste che comandi di trascurare gli ovvii doveri che si hanno sottomano.
(Fulton J. Sheen, da “Maria Primo Amore del Mondo” edizioni Fede e Cultura)