
Fondamentalmente, il motivo per cui noi dovremmo amare noi stessi, è il fatto che Dio ci ama. Se Lui vede in noi qualche cosa di degno e se è morto per salvarci, vuol dire che abbiamo un motivo più che valido per amarci. Come un uomo si sente nobilitato quando è amato da una bella e graziosa amica, quale allora dovrebbe essere l’estasi di un’anima nel momento in cui si risveglia alla travolgente verità: “Dio mi ama!”
È facile amare coloro che ci amano, e il nostro divino Signore ci disse che per questo non c’era ricompensa. Ma che cosa dire di quella parte di umanità che noi consideriamo indegna di amore? Uno dei più forti argomenti sociali che confermano l’esistenza di Dio è il seguente: ci deve essere un Dio, altrimenti tante persone non sarebbero amate. L’amore di Dio rende possibile amare coloro che sono “difficili ad amarsi”. Perché mai dovremmo amare coloro che ci odiano, che malignano sul conto nostro, che ci pestano i piedi a teatro per assicurarsi i posti migliori? C’è solamente una ragione: per amore di Dio.
Forse possono non piacerci perché il piacere è emotività, ma possiamo comunque amarli poiché l’amore risiede nella volontà ed è soggetto al comando: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Mt 5,44). Perciò, dal momento che amiamo Dio, siamo resi capaci di amare chiunque per amor suo, come un innamorato si farà piacere l’aragosta per far contenta la sua bella. Perciò quando ci imbattiamo in qualche persona particolarmente scostante e siamo tentati di respingerne la presenza sia pure per breve tempo, dovremmo pensare che in quel momento Dio ci appare dicendo “Ascolta, io l’ho sopportata per quarant’anni, tu non puoi sopportarla per dieci minuti?”.
Inoltre, l’amore di Dio ci ricorda che non dovremmo giudicare il prossimo in base alla sua apparenza, poiché se esso avesse ricevuto tutte le grazie e le possibilità che abbiamo ricevuto noi, quanto maggiormente potrebbe amare Dio! Il fariseo all’ingresso del Tempio che amministrava la legge e che dava ai poveri l’ammontare deducibile dalle tasse non fu elogiato da Dio, mentre il pubblicano che donò la sua anima a Dio domandando perdono, tornò a casa perdonato. Fu questo pensiero che fece dire a San Filippo Neri, quando vide un uomo salire sul patibolo: “Potrebbe essere Filippo, se non fosse stato per la grazia di Dio”.
Dopo un certo tempo tutte quelle persone che prima ci sembravano così poco attraenti ci appaiono molto migliori di noi. Su un piano spirituale arriviamo a un punto in cui sentiamo i loro peccati come fossero i nostri, e ci assumiamo i loro debiti in penitenza come il Salvatore si assunse i nostri perché le amiamo in Dio. (…)
L’amore del prossimo, quando è pervaso dall’amore di Dio, non sfrutta mai il prossimo per il proprio vantaggio. E ben sappiamo che nulla ha tanto contribuito ad abbassare il livello dei rapporti umani quanto l’idea che possiamo accattivarci amicizie mediante lusinghe. Niente di più lontano dal vero amore, il quale aiuta il prossimo ad adempiere la sua vocazione in Dio, e in tal modo coincide anche con l’adempimento della propria vocazione.
Disse San Paolo ai Romani: “Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo” (Rm 15,1-2).
Di solito nelle nostre relazioni noi limitiamo l’orizzonte del nostro affetto a coloro che amiamo, ma pochi sono i samaritani che amano coloro che li odiano. Nulla, però, può ampliare tanto questo orizzonte quanto il considerare non soltanto quelli che noi amiamo, ma quelli che sono anzitutto amati da Dio, che sono cioè tutti gli uomini. In tal modo l’anima si fa più simile a Dio, Lui che è il “creatore” di colui (o colei) che amiamo. In Lui queste creature che “a pelle” ci appaiono umanamente detestabili, cominciano con il diventarci amabili. L’amore di Dio, infatti, non soltanto prolunga la creazione divina, come abbiamo visto con la procreazione dei figli, ma continua anche la sua redenzione, almeno nella misura in cui vorremmo anche noi rigenerare e redimere coloro che amiamo.
Immaginiamo un gran cerchio dal cui centro s’irradiano tanti raggi luminosi verso la circonferenza, e facciamo conto che la luce al centro sia Dio, e ognuno di noi sia un suo raggio: quanto più i raggi si troveranno vicini al centro, tanto più vicini si troveranno tra loro. Perciò, quanto più viviamo vicini e uniti a Dio, tanto più vicini ci troveremo al suo e nostro prossimo, viceversa quanto più saremo lontani da Dio, tanto più saremo lontani gli uni dagli altri. E quanto più un raggio si allontana dal centro, tanto più si indebolisce, mentre quanto più gli si avvicina, tanto più si rafforza.
(Fulton J. Sheen, da “Tre per sposarsi” edizioni Fede e Cultura)