
La difficoltà che tutti coloro che sono sposati devono sperimentare è il paradosso del matrimonio e del romanticismo, dell’inseguimento e della cattura. Ciascuna di queste condizioni ha le sue gioie, ma non sono in armonia tra loro. Il matrimonio pone fine al corteggiamento come la cattura pone fine all’inseguimento, ma il corteggiamento non presume il matrimonio. Come comporre allora questa contraddizione? C’è un modo solo affinché l’anima non ne esca bruciata o inaridita, ed è di considerare tanto il corteggiamento quanto il matrimonio come incompleti.
In realtà il corteggiamento era un desiderio, una ricerca dell’infinito, l’inseguimento di un amore estatico, eterno, senza fine, mentre il matrimonio è il possesso d’un amore finito e frammentario, per quanto possa avere momenti di dolcezza. Si cercava un giardino, e si è finito con il mangiare una mela. Si implorava una melodia, e non ne è venuta fuori che una sola nota. A questo punto il Cristianesimo ci ammonisce: non crediate che la vita sia una trappola o un’illusione; sarebbe tale se non esistesse l’Infinito per appagare i vostri sogni.
Piuttosto, il marito e la moglie dovrebbero dire: “Tutti e due vogliamo un Amore che non conosca morte, e che non abbia nemmeno un attimo di odio né di sazietà. Quell’amore esiste oltre noi stessi; facciamo quindi sì che il nostro reciproco attaccamento coniugale sia usato in modo tale da condurci a quell’amore perfetto e gioioso che è Dio”.
A questo punto l’amore cessa di essere una delusione e diventa un sacramento, un sentiero che certamente conserva la sua dimensione materiale e carnale, ma solo per condurre allo spirituale e al divino. Allora marito e moglie cominciano a scorgere che l’amore umano non è che una scintilla della Grande Fiamma dell’Eternità, e che quella felicità che deriva dall’unione di due esseri in una carne sola è soltanto il preludio a quella più completa comunione di due in uno spirito solo. È così che il matrimonio diventa il diapason a cui si accorda il canto degli angeli, o un fiume che corre al suo mare.
Soltanto allora la coppia di sposi si renderà conto che c’è una risposta all’ingannevole mistero dell’amore, che esiste, in qualche luogo, una riconciliazione fra la ricerca e la meta, e che questa sta nell’unione finale con Dio, per cui l’inseguimento e la cattura, la fase idilliaca e il matrimonio si fondono in una cosa sola. E poiché Dio è amore illimitato ed eterno, occorrerà un’indagine eterna ed estatica per scandagliarne le profondità. Solo allora si avranno in un medesimo ed eterno momento una ricettività illimitata e un dono senza fine. Così Eros ascende ad Agape, e ambedue conducono a quella massima rivelazione che mai sia stata offerta al mondo: “Deus Caritas est”, Dio è amore.
(Fulton J. Sheen, da “Tre per sposarsi” edizioni Fede e Cultura)
L’ha ripubblicato su Per la maggior gloria di Dio.
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