

Poiché l’uomo si era separato da Dio, Egli, espiando, ha permesso che il suo Sangue fosse separato dal suo Corpo. Il peccato era entrato nel sangue dell’uomo; e come se tutti i peccati del mondo fossero su di sé, lasciò scorrere tutto il suo sacro Sangue dal calice del suo Corpo. Possiamo quasi sentirlo dire: «Padre, questo è il mio Corpo; questo è il mio Sangue. Vengono separati l’uno dall’altro come l’umanità è stata separata da te. Ecco la consacrazione della mia croce».
Ciò che accadde quel giorno sulla croce avviene ora nella Messa, con questa differenza: sulla croce il Salvatore era solo, nella Messa è insieme a noi. Nostro Signore ora è in Cielo alla destra del Padre, intercedendo per noi. Pertanto, non può tornare a soffrire nella sua natura umana. Allora come può la Messa ri-presentare il Calvario? Come può Cristo rinnovare la croce?
Egli non può soffrire più nella sua natura umana, che gode la beatitudine celeste, ma può soffrire nelle nostre nature umane. Non può rinnovare il Calvario nel suo Corpo fisico, ma può farlo nel suo Corpo mistico, la Chiesa. Il sacrificio della croce può essere ri-presentato, purché gli offriamo il nostro corpo e il nostro sangue e lo facciamo in maniera così completa che, a sua volta, Egli può offrire nuovamente sé stesso al Padre celeste per la redenzione del suo Corpo mistico, la Chiesa.
Cristo va per il mondo a radunare altre nature umane desiderose di essere altrettanti Cristi. Affinché i nostri sacrifici, i nostri dolori, i nostri Golgota, le nostre crocifissioni non restino isolati, disgiunti e scollegati, la Chiesa li raduna, li raccoglie, li unifica, li fonde, li ammassa, e l’insieme di tutti i sacrifici delle nostre singole nature umane nella Messa viene unito al grande sacrificio di Cristo sulla croce.
Quando partecipiamo alla Messa non siamo meri individui della Terra o solitarie unità, ma parti viventi di un grande ordine spirituale in cui l’Infinito penetra e avvolge il finito, l’Eterno fa irruzione nel temporale e lo Spirituale si riveste degli abiti della materia. Non c’è nulla di più solenne sulla faccia della terra dell’istante sbalorditivo della Consacrazione; infatti, la Messa non è una preghiera né un inno o qualcosa da dire, è un’azione divina con cui entriamo in contatto in un dato momento del tempo. (…)
Quindi la Messa è il collegamento tra noi e il sacrificio del Calvario sotto le specie del pane e del vino: noi siamo sull’altare sotto le specie del pane e del vino, poiché entrambi alimentano la vita; pertanto, offrendo ciò che ci dà vita, simbolicamente offriamo noi stessi. Inoltre, il grano deve «soffrire» per diventare pane, gli acini d’uva devono passare attraverso il torchio per diventare vino. Ecco perché entrambi rappresentano i cristiani, chiamati a soffrire con Cristo per regnare insieme a lui.
Durante la Messa, man mano che si avvicina la consacrazione è come se il Signore ci dicesse: «Tu, Maria; tu, Giovanni; tu, Pietro; e tu, Andrea, tutti voi, donatemi il vostro corpo e il vostro sangue. Donatemi tutto il vostro essere! Io non posso più soffrire, sono passato attraverso la mia croce, ho sofferto tutto quel che potevo nel mio corpo fisico, ma non le sofferenze che mancano al mio Corpo mistico, in cui siete voi. La Messa è il momento in cui ciascuno di voi può adempiere letteralmente la mia esortazione: “Prendete la vostra croce e seguitemi”». Sulla croce Nostro Signore guardava a voi, sperando che un giorno gli avreste donato voi stessi nel momento della consacrazione. Oggi, nella Messa, si compie l’auspicio di Nostro Signore. Quando partecipate alla Messa, Egli vi aspetta perché gli doniate voi stessi.
Allora, quando giunge il momento della consacrazione, il sacerdote, obbedendo alle parole del Signore, «Fate questo in memoria di me», prende il pane nelle sue mani e dice: «Questo è il mio Corpo»; e poi dice sul calice del vino: «Questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza». Non consacra insieme il pane e il vino, ma separatamente. La consacrazione distinta del pane e del vino è una rappresentazione simbolica della separazione del sangue dal corpo e poiché la crocifissione implica quel mistero, il Calvario viene rinnovato sul nostro altare. Ma, come abbiamo detto, Cristo non è da solo sull’altare; noi siamo con lui. Dunque, le parole della consacrazione hanno un duplice senso; il primo significato è: «Questo è il Corpo di Cristo; questo è il Sangue di Cristo»; mentre il secondo è: «Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue».
Ecco lo scopo della vita! Redimere noi stessi in unione a Cristo; applicare alle nostre anime i suoi meriti, imitandolo in tutto, anche nella sua morte sulla croce. Egli è passato attraverso la sua consacrazione sulla croce, così che noi possiamo passare attraverso la nostra nella Messa.
Al mondo non c’è nulla di più tragico del dolore sprecato. Pensate a quanta sofferenza c’è negli ospedali, tra i poveri e nel lutto. Pensate anche a quanta sofferenza viene sprecata! Quante di queste anime sole, sofferenti, abbandonate, crocifisse stanno dicendo al Signore, nell’istante della consacrazione: «Questo è il mio corpo, prendilo». Eppure, è ciò che tutti noi dovremmo dire in quel momento:
“Offro me stesso a Dio. Ecco il mio corpo. Prendilo. Ecco il mio sangue. Prendilo. Ecco la mia anima, la mia volontà, la mia energia, la mia forza, i miei beni, la mia ricchezza, tutto quello che ho. È tuo. Prendilo! Consacralo! Offrilo! Offrilo con te stesso al Padre celeste, affinché Lui, guardando a questo grande sacrificio, possa vedere solo te, il suo Figlio diletto, in cui si è compiaciuto. Trasforma l’umile pane della mia esistenza nella tua vita divina; ravviva il vino della mia vita vuota nel tuo Spirito divino; unisci il mio cuore spezzato al tuo cuore; trasforma la mia croce in un crocifisso. Non lasciare che il mio abbandono, il mio dolore e il mio lutto vadano sprecati. Raccogli i frammenti e come la goccia d’acqua è mescolata al vino nell’offertorio della Messa, lascia che la mia vita si mescoli alla tua; lascia che la mia piccola croce si intrecci alla tua grande croce, affinché io possa conquistare le gioie della felicità eterna unito a te. Consacra le tribolazioni della mia vita, che se non fossero unite a te resterebbero senza ricompensa; transustanziami perché, come il pane che ora si trasforma nel tuo Corpo, e il vino che si trasforma nel tuo Sangue, anch’io possa diventare interamente tuo. Non importa che rimangano le apparenze o che, come il pane e il vino, io appaia lo stesso di prima agli occhi terreni. Il mio ruolo nella vita, i miei doveri ordinari, il mio lavoro, la mia famiglia, non sono altro che le specie della mia esistenza, che possono rimanere immutate; ma la sostanza della mia vita, la mia anima, il mio intelletto, la mia volontà, il mio cuore, transustanziali, trasformali interamente al tuo servizio perché, attraverso di me, tutti possano conoscere quanto è dolce l’amore di Cristo. Amen.”
(Fulton J. Sheen, da “Il Calvario e la Messa”, opera all’interno del libro “Signore, insegnaci a pregare” edizioni Ares)
P.S. IL LIBRO È STATO APPENA PUBBLICATO
Per comprare il libro dal sito delle edizioni Ares, clicca qui: https://www.edizioniares.it/detail.asp?id_prod=916
L’ha ripubblicato su Per la maggior gloria di Dio.
"Mi piace""Mi piace"