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VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA: “Andò in fretta da Elisabetta: Maria ha sempre fretta di fare il bene. Con deliberata sollecitudine diviene la prima infermiera della civiltà cristiana”

Uno dei più bei momenti della storia fu quando una donna gravida si incontrò con un’altra donna gravida, quando due donne incinte divennero i primi araldi del Re dei re. Tutte le religioni pagane cominciano con gli insegnamenti di adulti: il cristianesimo comincia con la nascita di un bambino. Da quel giorno fino a oggi i cristiani sono stati sempre i difensori della famiglia e dell’amore della prole. Se mai ci fossimo messi a scrivere ciò che ci aspettavamo da Dio, certamente l’ultima cosa che ci saremmo aspettata sarebbe stata di vederlo imprigionato per nove mesi in un ciborio di carne, e la penultima che “il più grande tra i nati di donna”, mentre era ancora nel seno di sua madre, salutasse il Dio-uomo ancora nella sua prigione. Ma questo è proprio quanto accadde durante la Visitazione.

All’Annunciazione l’angelo disse a Maria che sua cugina Elisabetta stava per divenire madre di Giovanni Battista. Maria era allora una giovanetta, ma sua cugina era “avanti negli anni”, il che vuol dire che aveva oltrepassato l’età nella quale si può concepire. “Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. (Lc 1,36-38). La nascita di Cristo prescinde dall’uomo, quella di Giovanni Battista prescinde dall’età! “Niente è impossibile a Dio”. (…)

Maria “andò in fretta” da Elisabetta: ha sempre fretta di fare il bene. Con deliberata sollecitudine diviene la prima infermiera della civiltà cristiana. La donna si affretta a incontrare una donna. Chi ha Cristo nel cuore e nell’animo serve meglio il prossimo. Portando in sé il segreto della salvezza, Maria compie i cinque giorni di viaggio che separano Nazareth dalla città di Hebron dove, secondo la tradizione, riposano le ceneri dei fondatori del popolo di Dio: Abramo, Isacco e Giacobbe.

“Salutò Elisabetta”: la primavera serve l’autunno. Maria, portando in sé colui il quale dirà: “Non sono venuto per essere servito, ma per servire”, serve ora la cugina che ha nel seno quegli che sarà la tromba di lui, la voce di lui nel deserto. Niente induce tanto a porsi al servizio di chi ne ha bisogno quanto la coscienza della propria indegnità allorché si è visitati dalla grazia di Dio. La serva del Signore diviene la serva di Elisabetta.

Udendo il saluto della donna, il bimbo che Elisabetta portava “sussultò nel suo seno”. Ecco che l’Antico Testamento si incontra col Nuovo, le ombre si dissolvono gioiosamente di fronte alla realtà. Tutti i desideri e le attese di migliaia di anni, rivolti a colui che sarebbe stato il Salvatore, sono ora appagati in questo momento di estasi in cui Giovanni Battista incontra Cristo, il Figlio del Dio vivente. Maria è presente a tre nascite: alla nascita di Giovanni Battista, alla nascita del suo Figlio divino e alla “nascita” di Giovanni l’evangelista, ai piedi della Croce, quando il maestro gli dice: “Ecco tua Madre!”. Maria, la donna, presiede a tre grandi momenti della vita umana: a una nascita, in occasione della Visitazione; a un matrimonio, le nozze di Cana; e a una morte, o a una rinuncia della vita, in occasione della crocifissione del suo figlio divino.

“Il bambino sussultò nel suo seno ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo”. Una Pentecoste precedette la Pentecoste. Il corpo fisico di Cristo, nel seno di Maria, riempie ora Giovanni Battista dello Spirito di Cristo; trentatré anni più tardi il Corpo Mistico di Cristo, la sua Chiesa, sarà ricolmo dello Spirito Santo, e anche allora ci sarà Maria, in mezzo agli apostoli perseveranti nella preghiera. Giovanni viene santificato da Gesù. Sicché Gesù non è come Giovanni, non uomo soltanto, ma anche Dio. Sta per scriversi la seconda parte di quella preghiera che, dopo il Pater, è la più bella di tutte: l’Ave Maria. La prima parte fu pronunciata da un angelo: “Ave (Maria) o piena di grazia; il Signore è con te!” (Lc 1,28). Ora Elisabetta aggiunge la seconda parte “a gran voce”: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo (Gesù)”.

La vecchiaia non si mostra gelosa della giovinezza o del privilegio, dal momento che Elisabetta è la prima a proclamare pubblicamente che Maria è la madre di Dio: “A che cosa devo che la Madre del Signore mio venga a me?”. Più che dalle labbra di Maria, Elisabetta lo seppe dallo Spirito di Dio che aveva posto il nido nel seno di lei. Maria ricevette lo Spirito di Dio da un angelo; Elisabetta fu la prima a riceverlo da Maria. Cugina-infermiera a una nascita, madre-infermiera a una morte. Maria non ha nulla che sia soltanto per lei, nemmeno suo Figlio. Già prima di nascere, suo Figlio appartiene ad altri. E subito dopo avere accolto in sé l’ospite divino, Maria si alza da quella balaustra di comunione che è Nazareth per andare da una vecchia e renderla giovane. Elisabetta non sarebbe vissuta certamente tanto da vedere il figlio suo decapitato per desiderio della danzante figliastra di Erode, ma Maria sarebbe vissuta e morta al tempo stesso nel vedere il figlio suo soffrire la morte perché morte non ci fosse più.

Elisabetta, descrivendo come il Dio-uomo nascosto in Maria operava nella sua anima e nella nuova vita racchiusa nel suo vecchio corpo, esclamò: “Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,44-45). Eva aveva creduto al serpente; adesso Elisabetta loda Maria perché Maria, credendo in Dio, ha cancellato il male prodotto da Eva. Ma appena un bambino, non ancora nato, balza di gioia nella sua prigione di carne, un canto sale gioiosamente alle labbra di Maria. Elevare un canto vuol dire possedere la propria anima. Maria, la sorella di Mosè, cantò dopo la miracolosa traversata del Mar Rosso. Cantò Debora dopo la sconfitta dei Cananei. Dov’è libertà, lì è il libero canto. Il marito di Elisabetta cantò il Benedictus come inizio dell’ordine nuovo, perché il Signore è venuto “non per abolire la legge, ma per completarla”. Pure soltanto come uno specchio, in cui Elisabetta vedeva riflesso l’Emanuele non ancora nato, Maria brillava del canto di quei giorni avvenire, nei quali Lui solo sarebbe stato la luce del mondo. Maria sorride tra lacrime di gioia e fa spuntare l’arcobaleno di un canto. Almeno fino alla nascita, la Donna conoscerà l’allegrezza. Trascorsi quei nove mesi, colui che è racchiuso nel suo seno dirà: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada” (Mt 10,34).

(Fulton J. Sheen, da “Maria Primo Amore del Mondo” edizioni Fede e Cultura)

Autore: Amici di Fulton Sheen

amicidifultonsheen@gmail.com

1 commento su “VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA: “Andò in fretta da Elisabetta: Maria ha sempre fretta di fare il bene. Con deliberata sollecitudine diviene la prima infermiera della civiltà cristiana””

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