
La differenza tra la beatitudine del mondo, “Ridete e il mondo riderà con voi”, e la beatitudine di Nostro Signore, “Beati quelli che piangono perché saranno consolati”, non è che il mondo porta le risate e Nostro Signore le lacrime. Non è nemmeno una scelta di avere o non avere tristezza; è piuttosto una scelta di dove metterla: all’inizio o alla fine.
In altre parole, cosa viene prima: le risate o le lacrime? Mettiamo le nostre gioie nel tempo o nell’eternità, perché non possiamo averle in entrambi. Rideremo in terra o rideremo in cielo, perché non possiamo ridere in entrambi. Piangiamo prima di morire o dopo la morte, perché non possiamo piangere in entrambi. Non possiamo avere la nostra ricompensa sia in cielo che in terra. Per questo crediamo che una delle parole più tragiche della vita di Nostro Signore sia la parola che Egli dirà al mondo alla fine dei tempi: “Avete già avuto la vostra ricompensa”.
Quale delle due strade prenderemo: la strada reale della Croce, che conduce alla Risurrezione e alla vita eterna, o la strada dell’egoismo, che conduce alla morte eterna?
La prima strada è piena di spine, ma se la percorriamo abbastanza a fondo, la troviamo che finisce in un letto di rose; l’altra strada è piena di rose, ma se la percorriamo abbastanza a fondo, finisce in un letto di spine. Ma non possiamo prendere entrambe le strade o trarre il meglio da entrambi i mondi perché non possiamo amare sia Dio che Mammona, così come non possiamo essere vivi e morti allo stesso tempo. “Nessun uomo può servire due padroni. Perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o sosterrà l’uno e disprezzerà l’altro” (Mt 6,24).
Se salviamo la nostra vita in questo mondo, la perdiamo nell’altro; se perdiamo la nostra vita in questo mondo, la salviamo nell’altro. Se seminiamo nel peccato, raccogliamo la corruzione; se seminiamo nella verità, raccogliamo la vita eterna. Ma non possiamo fare entrambe le cose.
Con quale, allora, inizieremo: il digiuno o la festa? Questo è il problema delle Beatitudini. Nostro Signore inizia con il digiuno e finisce con la festa; il mondo inizia con la festa e finisce con il digiuno. (…)
Ma che ne sarà di noi? Quale beatitudine seguiremo? Faremo tutte le nostre risate qui in questo mondo, o ne conserveremo una parte per l’eternità? Fuggiremo dalla croce ora, o la abbracceremo? Pianificheremo la nostra vita, in modo che alla fine potremo dire: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”?
Se lo faremo, allora dovremo piangere. Ma perché dobbiamo piangere?
Dobbiamo piangere, prima di tutto, perché il mondo ci farà piangere se seguiamo le Beatitudini del Redentore. Se pratichiamo la mitezza, il mondo cercherà di provocarci all’ira; se siamo misericordiosi, il mondo ci accuserà di non essere giusti; se siamo puri di cuore, il mondo ci griderà: “Puritani! Moralisti!”; se abbiamo fame e sete di giustizia, non avremo successo; se siamo operatori di pace, il mondo dirà che siamo codardi; se siamo poveri di spirito, il mondo ci guarderà dall’alto in basso. In una parola: la sofferenza segue naturalmente il conflitto del cristiano con il male del mondo.
Poiché siamo stati portati fuori dal mondo, il mondo ci odierà. Il servo non è al di sopra del padrone; se il mondo ha fatto versare a Cristo lacrime di sangue, farà piangere anche noi. Questa è la prima ragione, dunque, per cui dobbiamo piangere: perché abbiamo scelto l’Uomo dei Dolori.
Ma: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.” (Mt 5,11-12). (…)
C’è un’altra ragione per cui dovremmo piangere, ed è per il dolore che abbiamo causato alla Beata Madre di Nostro Signore…la ripercussione del peccato è enorme!
Anche il Calvario ha avuto la sua vittima innocente, una vittima che non ha avuto alcuna parte nel portare Nostro Signore sulla Croce; anzi, l’unica che abbia mai potuto dire: “Sono innocente del sangue di quest’uomo”. Quella vittima innocente era Maria. Che cosa aveva fatto per meritare le Sette Spade? Quali crimini aveva commesso per essere derubata del suo Figlio? Non aveva fatto nulla, ma noi sì!
Abbiamo peccato contro il suo Figlio Divino, lo abbiamo condannato alla croce e, peccando contro di Lui, l’abbiamo ferita. Infatti, le abbiamo messo nelle mani il più grande di tutti i dolori, perché non stava perdendo un fratello, o una sorella, o un padre, o una madre, o anche solo un figlio: stava perdendo Dio. Non c’è un dolore più grande di questo! (…)
E infine, dovremmo piangere per la più grande di tutte le ragioni: cioè per quello che i nostri peccati hanno fatto a Cristo.
Se fossimo stati meno orgogliosi e superbi, la Sua corona di spine sarebbe stata meno perforante e penetrante; se fossimo stati meno avari e avidi, i chiodi nelle Mani sarebbero stati meno ardenti e brucianti; se avessimo camminato di meno nelle vie subdole del peccato, i Suoi piedi non sarebbero stati così profondamente scavati e bucati con l’acciaio; se il nostro parlare fosse stato meno velenoso, le Sue labbra sarebbero state meno aride e assetate; se fossimo stati meno peccaminosi, la Sua agonia sarebbe stata più breve; se avessimo amato di più, Egli sarebbe stato odiato di meno.
C’è un’equazione personale tra quella Croce e noi. La vita con le sue ribellioni, le sue ingiustizie, i suoi peccati, tutto ha avuto un ruolo nella Crocifissione. Non possiamo lavarci le mani dalla nostra colpa più di quanto Pilato abbia potuto lavarsi le sue, mentre le teneva in alto sotto il sole di mezzogiorno e si dichiarava innocente.
Non è stata tanto la Crocifissione a ferirLo e a farGli male, non è stato Anna, non è stato Caifa, non sono stati i carnefici, perché “non sapevano quello che facevano” (Luca 23,34); non sono stati i Suoi nemici a causare il Suo più grande dolore: “Se i miei nemici avessero fatto questo, avrei potuto sopportarlo” (Sal 54,13).
Siamo stati noi a rattristarlo maggiormente, perché sappiamo quello che facciamo; abbiamo assaggiato le sue dolcezze; abbiamo spezzato il Pane con Lui; siamo i suoi familiari. Questo è il nostro dolore: che Colui che è venuto a guarire i cuori spezzati ha avuto il Suo Cuore spezzato da noi.
(Fulton J. Sheen, da “The Cross and the Beatitudes”)


L’ha ripubblicato su Per la maggior gloria di Dio.
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