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Nella Messa la Consacrazione del Sacerdote non è una vuota e sterile ripetizione delle parole dell’Ultima Cena.

Quando pronunciamo le parole della consacrazione, si compie il mistero della transustanziazione. Vi è però un significato secondario, derivante dal fatto che siamo Sacerdoti e Vittime. Quando io dico: «Questo è il Mio Corpo», debbo anche intendere: «Questo è il “mio” corpo». Quando io dico: «Questo è il Mio Sangue», debbo anche intendere: «Questo è il “mio” sangue». «Tu, o Gesù, non sei solo nella Messa», è la preghiera che deve sgorgare dall’anima del Sacerdote consacrante. «Sulla Croce Tu eri solo; in questa Messa io sono con Te. Sulla Croce Tu offristi Te stesso al Padre Celeste; nella Messa Tu ancora offri Te stesso, ma io ora offro me stesso con Te».

La consacrazione non è una vuota, sterile ripetizione delle parole dell’Ultima Cena; essa è mia azione, mia nuova determinazione, nuova Passione che rivive in me: «Caro Gesù, eccoti il mio corpo: prendilo; eccoti il mio sangue: prendilo. Non m’importa se le “specie” della mia vita rimangono quelle di sempre: i doveri particolari della scuola, della parrocchia o della carica. Queste non sono che “apparenze”. Ma ciò che io sono nel mio intelletto, nella mia volontà, prendilo, possiedilo, divinizzalo, perché io possa morire con Te sull’altare.» Allora, il Padre Celeste volgerà il suo sguardo e dirà a Te, e a me in Te: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Mc 1, 11).

E discendendo dall’altare mi sentirò, come non mai, tra le braccia di Maria, come lo fosti Tu alla deposizione dalla Croce. Maria non era Sacerdote, ma poteva veramente pronunciare le parole della consacrazione di quel Corpo e di quel Sangue meglio di quanto potesse pronunciarle ogni altro Sacerdote. Abbracciando il suo Figlio poteva dire, come a Betlemme: «Questo è il mio Corpo; Questo è il mio Sangue. Nessuno, in tutto il mondo, Gli diede Corpo e Sangue come ho fatto io». Possa Maria, che fu vittima col Figlio suo, insegnarci a non mai salire il Calvario senza avere il cuore trapassato da una spada. Guai a noi se discendiamo dal Calvario con le mani bianche e illese! Ma saremo pieni di gloria quando, Sacerdoti e Vittime, il Signore vedrà sulle nostre mani i segni della sua Passione e potrà dirci: “Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani” (Is 49, 16).

(Fulton J. Sheen, da “Il Sacerdote non si appartiene”)

Autore: Amici di Fulton Sheen

amicidifultonsheen@gmail.com

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