La parola «sacramento» in greco significa «mistero» e Cristo è stato definito da san Paolo «il mistero nascosto da secoli» (Ef 3, 9 e Col 1, 26). In lui c’è qualcosa di divino e di umano, di eterno e di temporale, di invisibile e di visibile. Il mistero di Betlemme era il Figlio di Dio che ha assunto una natura umana per unirla alla natura divina in una sola Persona.
Colui che, nel linguaggio della Scrittura, poteva arrestare il movimento della stella Arturo, vedeva compiersi la profezia sul suo luogo di nascita per opera, sia pure inconsapevole, di un Cesare che ordinò un censimento imperiale. Colui che vestiva i campi con l’erba, fu avvolto in fasce. Colui dalle cui mani erano usciti i pianeti e i mondi, aveva braccine così piccole che non arrivavano a toccare l’enorme testa delle bestie. Colui che passeggiava sulle colline eterne era ancora troppo debole per camminare. La Parola eterna era muta. L’uccello che aveva costruito il nido del mondo, veniva covato al suo interno.
La natura umana di Nostro Signore non aveva da sé stessa il potere di santificare, benché unita alla sua divinità. Ma in virtù di questa unione, l’umanità di Cristo divenne la causa efficiente della nostra giustificazione e santificazione e lo sarà fino alla fine del mondo. È qui nascosta un’allusione ai sacramenti. L’umanità di Cristo era il veicolo della vita divina e lo strumento per santificare gli uomini; i sacramenti stavano per diventare i segni efficaci della santificazione ottenuta dalla sua morte. Nostro Signore era il segno tangibile di Dio, così i sacramenti sarebbero divenuti il segno visibile della grazia con cui Nostro Signore ci ha conquistati.
Se gli uomini fossero angeli o puri spiriti Cristo non avrebbe avuto la necessità di usare la natura umana e le cose materiali per comunicare le realtà divine, ma poiché l’uomo è costituito di materia e spirito, di anima e corpo, risulta più agevole vedere ciò che è spirituale rivelato nel visibile. Sin dall’inizio della vita umana, le carezze materne non devono limitarsi a lasciare traccia sul corpo del bambino, piuttosto devono comunicare la sublime bellezza e l’invisibile amore della madre.
Non è la realtà materiale a essere apprezzata dall’uomo, piuttosto ciò che è significato dalla realtà materiale. Come ha detto Tommaso da Kempis, «non guardare tanto al dono di colui che ama, quanto all’amore di colui che dona». Noi togliamo il prezzo dai regali affinché non ci sia relazione materiale tra l’amore che dona e il dono stesso. Se l’uomo non avesse l’anima né un destino spirituale, allora il comunismo sarebbe in grado di soddisfarlo. Se l’uomo avesse solo un organismo biologico, allora sarebbe appagato semplicemente mangiando, dormendo e morendo come una mucca.
(Fulton J. Sheen, da “I 7 Sacramenti” edizioni Ares)