Il problema del dolore ha un simbolo, e tale simbolo è la Croce. Ma perché nel problema della sofferenza tale simbolo è tipico?
Perché la Croce è composta di due sbarre, una orizzontale, e l’altra verticale. Quella orizzontale è la sbarra della morte, perché la morte è prostrata, prona, piatta. La sbarra verticale è quella della vita perché la vita è diritta. L’incrocio delle due sbarre significa la contraddizione della vita e della morte, della gioia e del dolore, delle risa e delle lacrime, del piacere e del dolore, della nostra volontà e della volontà di Dio. L’unico modo per formare la croce è quello di porre la sbarra della gioia sopra quella del dolore; ovvero, per esprimere lo stesso concetto con altre parole, la nostra volontà è la sbarra orizzontale, la volontà di Dio è quella verticale; non appena mettiamo i nostri desideri e la nostra volontà in opposizione ai desideri ed alla volontà di Dio, formiamo una croce.
E così la croce è il simbolo del dolore e della sofferenza. Se la croce è il simbolo del problema del dolore, il Crocifisso ne è la soluzione. La differenza tra la croce e il Crocifisso è Cristo.
Una volta che il Signore (che è lo stesso Amore) è salito sulla croce, ci rivela in che modo, attraverso l’amore, il dolore si può trasformare in sacrificio di gioia, e come coloro che seminano nelle lacrime possono raccogliere in letizia, coloro che piangono possono venir confortati, coloro che portano la croce nelle poche ore del Venerdì Santo possono possedere la felicità per un’eterna Domenica di Pasqua. L’amore è, in conclusione, la giuntura in cui la sbarra orizzontale della morte e quella verticale della vita si conciliano nella dottrina affermante che la vita si raggiunge attraverso la morte.
(Beato Fulton J. Sheen da “L’Uomo di Galilea”)